| La Sardegna è un isola magica in cui usi,costumi ,tradizioni si sposano con paesaggi veramente suggestivi . La religiosità degli antichi sardi si puo’ ancora scorgere nelle ricorrenze odierne,profane e cristiane. Le diverse tribù nuragiche, per ingraziarsi le divinità e poter progredire, praticavano probabilmente una religione che collegava la fertilità dei campi,la caccia, il ciclo delle stagioni, con la forza maschile del Toro-Sole e la fertilità femminile dell’Acqua-Luna. In epoca pre-Nuragica veniva venerata una Dea Madre mediterranea di cui si sono ritrovati reperti come la Venere di Macomer (NU) . Successivamente è stato venerato un dio padre Babai , in epoca punica Sid Addir Babai e in epoca romana Sardus Pater. Babai nella lingua sarda odierna significa padre. Un culto presente ancora aggi in Ogliastra e Barbagia è quello di Maimone , un Dio della pioggia probabilmente di origine libico-berbera.
Paganesimo sardo: La Dea Madre
La Dea Madre è stata venerata in tutta la Sardegna dalle statuine raffiguranti dee prosperose e gravide a quelle certamente più stilizzate e cruciformi.Dalle testimonianze dei reperti archeologici, risulta evidente un importante culto legato alla fecondità e alla Natura . L’archeologo Giovanni Lilliu scrive:
« La figura della madre terrena, doppio della vegetazione, viene nobilitata e transumanata nella figura della madre celeste, la Dea Madre, di cui si ripetono numerose le immagini, in pietra e di terracotta, o i disegni simbolici, che la riproducono ora seduta ora in piedi, in forme talvolta esuberanti e carnose proprie della natura gravida di frutti, ora in espressioni schematiche e trascendenti coerenti con il concetto astrattivo della divinità e con la concezione dualistica della vita, fatta di cose concrete e di simboli, caratteristica della civiltà e della società contadina attenta a terra e cielo, nel rapporto agrario continuo ed organico. » (1)
Di grande interesse sono le Fonti Sacre ossia costruzioni in pietra sopra vene d’acque sorgive. Il cunto delle acque era ovviamente associato al femminino e a alla luna e probabilmente venica celebrato da una casta di sacerdotesse.
Paganesimo sardo: Il Dio Toro-Sole
Nella cultura di Ozieri che si diffuse in tutta l’isola è presente anche la figura del Dio Toro, ossia il culto del bue. Secondo queste credenze, questo animale incarnava la fertilità maschile associata alla fecondità e prosperità agraria, di vitale importanza per la sopravvivenza della civiltà in età neolitica .Questa iconografia lascia intendere che esistesse un forte legame tra il principio materno/lunare e il simbolismo paterno/solare.
Lo studioso Giovanni Lilliu scrive su questa religiosità:
« Altra espressione di questa società rurale… è il culto del bue (o del toro), figura dell’agricoltura evoluta all’aratro, che diventa il partner della Terra madre, cioè della Dea Madre; e come questa, protegge vivi e morti. Il dio maschio e padre si riconosce per segni diversi. Talvolta è simboleggiato da grandi pietre verticali appuntite (i cosiddetti menhir), di evidente carattere fallico. Altre volte, nelle tombe sotterranee scavate nella roccia, la sua immagine aniconica è la colonna liscia o anche segnata da uno schema di corna bovine in rilievo. Il più delle volte, protomi taurine, scolpite o dipinte, isolate in coppia o con plurime iterazioni evocative, ornano porte e pareti delle domus de janas e rendono dappertutto presente e insistente la simbologia magicamente protettiva e restauratrice del bue come personificazione divina caratteristica e necessaria della società agricola. » (2)
Paganesimo sardo: Sardus Pater
Era un Dio cacciatore tardo nuragico,dalle sembianze umane . Raffigurato con una corona di piume e una lancia protettore dei caciatori e della vita agreste. I resti del suo tempio in Sardegna è stato riportato alla luce con gli scavi di Fluminimaggiore. La civiltà nuragica si integrò (almeno sulle coste) con quella cartaginese che risultò molto ben disposta ad assimilare La Dea madre e il Sardus Pater indigeni. Lo storico Ferruccio Barreca scrive: « …(..)..Culti punici e culti punicizzati, praticati da cartaginesi e da sardi, e le cui tracce sono rappresentate dai santuari e dagli ex-voto che sempre più numerosi si vanno scoprendo nell’Isola. Non solo nei luoghi corrispondenti agli antichi centri abitati, costieri o interni, ma anche nelle zone extraurbane, sulla vetta delle alture, sui promontori costieri, nelle pianure agricole o in fondo alle vallate boscose, è facile imbattersi nei ruderi del caratteristico muro che delimitava il santuario semitico e, varcata quella recinzione, trovare le reliquie del santuario stesso: un sacello a pianta tripartita con vestibolo, sala mediana e penetrale nel fondo, bacini per l’acqua lustrale, pietre piramidali o pilastri concepiti come oggetti nei quali amava concentrarsi la potenza divina, e altari, dentro e fuori del sacello, che del resto poteva anche mancare ed essere sostituito da una grotta o da una semplice roccia sacra ..(..).. Questi erano dunque i luoghi ove i semiti di Sardegna pregavano ed offrivano sacrifici alle loro divinità, e dove gradatamente dovettero unirsi al loro stesso culto anche gli indigeni sardi. La presenza di costoro, nei templi punici di Monte Sirai, è attestata non solo dal tipo di alcune sculture e oggetti votivi, ma addirittura alla inusitata forma triangolare data agli altari nei rimaneggiamenti del III e II secolo a.C. » (3)
Maimone
Secondo lo studioso Mario Ligia Maimone deriva dal dio “Amon” libico-berbero, con la differenza che il vocabolo sardo per la presenza della lettera «i» ha radici ancora più antiche correlate all’ Asia minore e non all’ Africa . (4) Ad Aidomaggiore, si ha una processione nella quale una corona di pervinca viene bagnata e portata in giro per il paese cantando: “Maimone Maimone Abba cheret su laore Abba cheret su siccau Maimone laudau” La processione è volta a richiamare la pioggia per la prosperità dei campi. Questo video è stato registrato nel 2000 e mostra tutto il rito.
Dioniso ed i riti agrari Dioniso era il dio greco dell’ebbrezza, del vino e della vegetazione, per metà uomo e per metà donna e venne sbranato dai Titani. Successivamente arrivarono i riti agrari, quelli propiziatori, diffusi in tutta l’area del Mediterraneo ed anche in Sardegna dove per commemorare la morte di Dioniso e invocare la rinascita della natura. Nacque così il Carrasecare, carre in limba significa “carne viva umana”; secare, invece, sta per “tagliare”. Con il Carrasecaresi intende lo smembramento del Dio.Il Carnevale Sardo è una festività più cupa e connessa con il tema della morte. Dolores Turchi, nel testo «Maschere, miti e feste della Sardegna» sostiene l’origine comune dei Mamuthones di Mamoiada, dei Merdules di Ottana, dei Murronarzos di Olzai, del Battileddu di Lula, dei Mamutzones di Samugheo, dell’Urthu di Fonni, delle Mascaras Nettas di Lodè, e persino della Sartiglia di Oristano e delle Attitadoras di Bosa e di ogni altra figura triste figura del Carnevale delle zone interne. «Tutti i carnevali sardi rappresentano lo stesso rito». Quello dionisiaco, appunto. Fatto di morte e di rinascita. «Ciò che li differenzia sono i momenti diversi di una stessa rappresentazione legata all’anno agrario». Anche qui ritroviamo il solito tema della morte e della rinascita del Dio e della Natura.
Fonti
(1) G. Lilliu, La Società in Sardegna nei secoli. Prima dei nuraghi. Pag 16 (2) G. Lilliu. La Società in Sardegna nei secoli. Prima dei nuraghi, pag 16 e 17 (3) F. Barreca, La società in Sardegna nei secoli, pag 52 (4) Da “La Lingua dei Sardi”, ipotesi filologiche. Ed. Iskra (2002), pagg. 71-72
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