PIETRE DI LUNA - vie pagane

Breve riflessione sulla divinazione

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 16/11/2019, 17:07
Avatar

utente

Group:
Utenti
Posts:
49

Status:


La pratica divinatoria, sia essa affidata a strumenti come i tarocchi, all'osservazione dei fenomeni celesti o ai presagi, ha le sue radici nell'insicurezza che l'uomo ha nei riguardi del futuro.
Questa incertezza però a cosa è dovuta? Alla semplice percezione dell'uomo o è effettiva?
La risposta non è solo legata alla pratica divinatoria ma può giungere a coinvolgere persino le basi dell'etica.
Qui spezzetterò la domanda in varie questioni minori offrendo la mia personale spiegazione, che vuole essere solo uno spunto di riflessione. Siccome i vari interrogativi sono interconessi, mi concentrerò sul problema della previsione del futuro in questo articolo.

Esiste un ordine nell'universo?
Questo ordine non si limita ad essere il presupposto della divinazione ma indica il grado di entropia dell'universo a livello (chiariamolo subito) spirituale e metafisico. Tanto maggiore è l'ordine, quanto le azioni avvengono in una serie di contesti che le rendono inevitabili o prevedibili a vari livelli e, viceversa, sono spiegabili e analizzabili alla luce degli stessi; la divinazione, in questo ipotetico quadro, risulta tecnicamente possibile fatto salvo che gli strumenti siano interpretati correttamente.
Al contrario, aumentando l'entropia, il campo della divinazione si restringe sempre di più o ha vari punti ciechi o ancora sono necessari specifici strumenti divinatori per ciascuna eventualità. Al massimo grado abbiamo un universo retto da miriadi di forze inconoscibili o da una sola forza inconoscibile e illogica, come il fato per gli antichi greci.

Secondo la mia personale visione, la domanda è mal posta: si da per scontato che l'ordine sia formale, mentre modificandolo in un ordine relazionale, di correlazione, molti interrogativi segnati sopra si risolvono. Un ordine relazionale infatti è binario e univoco perché ad un elemento ne consegue un altro e uno solo. Allo stesso tempo è molto flessibile perché le correlazioni sono astratte, quindi dipendono dalla natura degli elementi. Un esempio rapido è l'astrologia: non è Saturno a essere cattivo, ma ad avere una natura che frena quella degli altri pianeti, per dire. Di questo ordine si fa garante la divinità che, con la sua sola esistenza, garantisce l'esistenza del flusso vitale (e continuando il paragone, la divinità è come il moto dei pianeti). Tutto questo però è appunto una serie di “conseguenze” che hanno sempre a capo una qualche azione dell'individuo. Se questo impedisce che esista un destino immutabile, al tempo stesso riduce le possibilità di intervento del singolo alle proprie azioni. È impossibile avere la certezza matematica di convincere qualcuno, quindi o si prova a convincerlo (e l'altra persona si lascia convincere e decide di farlo) oppure lo si costringe a farsi convincere. Il tutto anche a livello di conseguenze.

Quest'ordine è immutabile? Esiste il libero arbitrio?
Definita quindi l'esistenza o meno di un ordine esistente, emerge il problema dell'Io e delle sue capacità di intervento. È cioè possibile il libero arbitrio oppure anche la nostra volontà è schiava di un ordine, magari indipendente da quello reale? La risposta non è necessariamente contenuta nella definizione dell'ordine. Un buon esempio si trova nella filosofia cristiana: come dice Gesù “Se aveste tanta fede quanto un grano di senape potreste dire ad un albero “Vatti a piantare in mare” e lui lo farebbe”; sebbene Dio esista e definisca l'ordine dell'universo, l'uomo, in virtù della sua fede può compiere miracoli (e da lì è iniziata la trafila di guarigioni, miracoli e prodigi vari). Al contrario il buddhismo riduce l'ordine cosmico ad un semplice ciclo e se questo prevede una teleologia estremamente generica e quindi non configurabile come un “destino” in senso occidentale, tuttavia si richiede che la volontà della persona e il suo attaccamento alle cose materiali venga superato perché tutto si configura entro appunto questo “ciclo” quindi la volontà è schiava di un ordine che spesso ha dirette radici nelle vite passate.
In generale comunque gli estremi squalificano la divinazione: un libero arbitrio totale ed esistente la rende vana e volatile, essendo sempre possibile sovvertirla e impossibile prevederla, mentre un libero arbitrio assente rende la divinazione una scienza possibile ma inutile.

La mia personale visione, ancora una volta, parte dal concetto: noi ci definiamo liberi quando possiamo realizzare i nostri desideri. È infatti innegabile la capacità dell'uomo di ignorare gli stimoli non desiderati (pensiamo a chi compie azioni coraggiose lottando contro la propria paura) o di agire secondo stimoli legati molto alla propria interiorità (i desideri, le emozioni e i progetti appartengono a questa categoria).
Questo significa che il problema del libero arbitrio non dipende dalla volontà ma dalla realizzazione dei propri obiettivi e al soddisfacimento dei propri desideri, di conseguenza il problema è definire quando la propria azione si realizza secondo la propria volontà.
Partendo dalla risposta sull'ordine dell'universo, è indispensabile per prima cosa conoscere e comprendere il mondo in cui ci troviamo, con tutti i mezzi di cui disponiamo. Infatti conoscere permette di distinguere i desideri propri da quelli altrui, di cercare nella realtà gli strumenti per realizzarli, di ipotizzare il loro andamento, di reagire agli eventi imprevisti. Allo stesso tempo però c'è un elemento spesso dimenticato, cioè la COSCIENZA delle proprie azioni. Si differenzia dalla conoscenza perché mentre la conoscenza riguarda la capacità di analisi del mondo esterno, la coscienza è la capacità di interpretazione ed astrazione di questa analisi. La conoscenza mi rende chiaro che per passare l'esame devo studiare o posso sedurre il professore, mentre la coscienza mi spinge a considerare che la prima soluzione sarà classificabile come onorevole e rafforzerà la mia dignità mentre nella seconda si tratta di svendere me stesso e di conseguenza prima che disonorevole sarà indegna.
Chi non ne possiede nessuna delle due è classificabile tra gli animali, che anche se sono dotati di forme comunque accettabili di etica e di astrazione, tuttavia derivano questi elementi dalla loro natura non certo dall'educazione e dalla pratica (il bambino selvaggio Victor dell'Averyon per esempio, cresciuto nel mondo animale, risultò infatti incapace di analizzare il comportamento del maestro e avere coscienza della situazione, risultando per questo simile agli animali). Al tempo stesso però gli animali risultano, da un punto di vista etico, buoni, proprio perché incapaci di uscire da un ordine naturale. Se infatti ci si pensa, molti cani o animali definiti come violenti o cattivi sono in realtà animali che hanno compiuto associazioni che noi umani riteniamo indegne, come associare un bambino magari un po' goffo ad un pericolo e azzannarlo, ma logicamente comprensibili e sensate.
Chi ha una bassa coscienza delle proprie azioni ma ne conosce appunto le conseguenze non è libero in quanto spinto novanta su cento dalla pulsione all'utile. Similmente chi manca di conoscenza ma ha una forte coscienza delle proprie azioni non è libero anche se è più suscettibile a libertà con l'insegnamento e la conoscenza; infatti questa persona non è spinta dall'utile ma da ideali che vanno resi pratici.
La maggior parte delle persone rientra a varia percentuale in queste due classificazioni, che di per se non sono suscettibili a valutazione morale (in quanto la volontà è disgiunta da queste classificazioni), ma sono ugualmente non libere, a vario grado. Coscienza e conoscenza insieme sono una condizione desiderabile ma oggettivamente impossibile da compiere a livelli umani. Però una buona percentuale di entrambe consente sufficiente libertà e serenità.

Esiste un garante di questo ordine?
Un secondo attore possibile oltre all'essere umano è una divinità suprema. Definire infatti una generica divinità lascia il tempo che trova finché non si risale alla radice “oltre la quale c'è il nulla”. Comunque la presenza della divinità suprema basta a sollevare vari dubbi: esiste, innanzi tutto? Che atteggiamento ha verso l'ordine del mondo? E in che rapporto è col fedele? Questi la può effettivamente raggiungere?

In quanto wiccan, io credo in una divinità immanente e raggiungibile all'uomo. Le modalità di intervento di questa però sono, almeno credo, peculiari nella galassia di interpretazioni della wicca: tanto per incominciare l'immanenza della divinità si esplicita nel sovrintendimento delle conseguenze. Essa è infatti una specie di forza conservativa che si può incarnare in varie forme tra cui gli elementi e appunto la “divinità” antropomorfa. Questa forza si incarna dunque anche nelle forme della natura, nelle emozioni e nelle passioni. In tutto insomma. E quindi studiare come funziona il mondo significa imparare a conoscerla. La pratica religiosa non cancella quella scientifica perché spesso affermano la stessa cosa anche se in maniera simbolica (per esempio quando Giosuè fermò il sole, non va inteso come che l'astro si fermò, cosa peraltro indesiderabile, ma semplicemente che rimase nei combattenti ebrei la sensazione di vedere).
La divinità infatti non può alterare l'ordine presente, ma è pienamente avvicinabile al fedele a cui non manca di prestare aiuto, in qualsiasi forma egli si rivolga. In quale maniera il fedele può contattarla e come può ella rispondere? Il fedele la contatta nel momento stesso che la sente, che percepisce una presenza divina. Le pratiche religiose aiutano tutte a focalizzare il pensiero.
La divinità quindi interviene non con diretti miracoli, anche se una persona di grande volontà acquisisce abbastanza fiducia da effettuare magie e atti effettivamente non comuni. I suoi interventi sono piccoli aggiustamenti a cui però il fedele è tenuto a rispondere se desidera realizzare i propri desideri.
Cogliere la presenza della divinità significa infatti soprattutto cogliere l'ordine del cosmo, conoscerlo ed esserne cosciente e quindi conseguentemente essere capace di cogliere la strada dai piccoli aggiustamenti. Se io per esempio sono in cerca dell'amore e prego, la divinità non me lo fa cadere ai piedi ma piuttosto dispone il mondo in maniera da avere attorno a me più occasioni di uscire. Sta a me decidere di coglierle e accettare questi segnali andando alle occasioni, cercare veramente una persona da amare e non il primo bischero che si libera e così via.
Questa divinità è presente, in virtù della sua immanenza, anche per chi non la adora direttamente e chi non riesce a coglierla (gli innocenti o i cattivi).
Ma quindi questa divinità è buona o cattiva? In termini morali umani sembra una domanda, ma è mal posta, perché la divinità vuole che la persona si sviluppi (altrimenti non ci darebbe la memoria e l'intelligenza per capire e ricordare le esperienze e le idee) e che si sviluppi segnatamente in armonia con il cosmo, il quale di sua natura ha una struttura ordinata e rigida.

L'ordine cosmico è traducibili in termini umani, sottoponibile alle regole della logica etc?
Per la spiegazione ho dato per scontato che l'ordine cosmico sia comprensibile all'uomo ma non è di per se necessario. La conoscenza può anche limitarsi a ipotesi molto probabili, e questa è la posizione di molti scettici. In generale la traducibilità dell'ordine cosmico influenza non tanto la validità della divinazione ma quella della sua interpretazione. Se infatti l'ordine è imperscrutabile in termini umani o la sua assenza è accompagnata da una totale casualità in termini di logica, la divinazione diventa un'ipotesi, peraltro meno affidabile della ipotesi “da osservazione”. Qualora invece l'ordine o l'assenza di esso si reggano su termini logici e comprensibili a livello umano l'eventuale errore di divinazione sarebbe da imputarsi all'errore umano e all'interpretazione.

Avevo già accennato prima al problema dell'etica subordinata alla conoscenza. Riprendo il dualismo di coscienza e conoscenza ma stavolta in senso passivo. Anche qui la conoscenza ricava degli elementi discreti e analitici che nella divinazione spesso si affermano per la regola dell'autorità. Nella vita di tutti i giorni, più modestamente, evidenzia conoscenze estremamente particolari, che solo l'addestramento dell'analisi e la preparazione culturale consentono di individuare con sempre maggiore certezza. Ad esempio la conoscenza permette di rilevare in una persona sempre più segnali che fanno dedurre le sue emozioni, in un testo elementi per trarre una sufficientemente chiara ipotesi e in un segnale divinatorio sufficienti linee interpretative.
L'opera però di connessione tra la domanda e l'interpretazione è deputata però alla coscienza che astraendo il significato e mettendolo in una prospettiva, consente non tanto una conoscenza esatta ma un'accurata messa in prospettiva delle conoscenze, siano esse sensibili, emotive o analitiche.
La divinazione apparentemente sembra provvedere a informazioni casuali e quindi non attendibili. Come però spiegato prima, però, secondo me l'ordine stesso della realtà è un ordine flessibile, dove spesso un'azione compiuta ora continua ad influenzare le vite dei miei pronipoti e quelle di ragazzi delle filippine. Quindi in quest'ordine di idee la casualità può benissimo essere solo apparente.
Qualora poi anche fosse effettiva, la divinazione è comunque un ottimo ponte tra conoscenza e coscienza.
Faccio un esempio concreto per chiarire: se faccio l'oroscopo della persona amata, posso rilevare un'opposizione tra Saturno e il sole. La mia conoscenza dell'astrologia mi consente una serie di linee che, incrociandosi con gli altri aspetti, mi consentono di percepire che la nostra relazione sarà “due cuori e una capanna scassata”
Questa lettura sicuramente non è da considerarsi una lettura oggettiva e infallibile: potrebbe benissimo succedere che un giorno un mio libro viene pubblicato e diventiamo ricchi. In questo caso, l'opposizione tra saturno e il sole e in generale la dura previsione di povertà non viene annullata, ma semplicemente diventa uno stato che io e l*i decidiamo di affrontare con determinazione.
Allo stesso tempo niente impedisce che la nostra relazione diventi parassitica e la relazione sia con ristrettezze per le spese mie o dell'altr*. Tutto dipende però dalla mia conoscenza della persona amata, delle mie possibilità, dell'analisi del mercato economico, immobiliare, letterario e via elencando, al punto che la previsione risulta solo una stesura di potenzialità, che la mia azione può sfruttare o subire e che possono magari essere integrate, smentite o annullate da conoscenza e volontà.

Come ultimo elemento, scriverò due parole sulla liceità della divinazione.
Molte religioni scampanano contro la divinazione, ritenendola un'illecita intrusione nella volontà divina o un atto ridicolo.
Indubbiamente è difficile prendere sul serio lo stesso strumento usato da ciarlatani e avventurieri per truffare le persone, ma voglio porre l'attenzione sulle dinamiche di tali truffe: le persone che si rivolgevano e si rivolgono ai cosiddetti “maghi” o “santoni” sono di solito persone disperate, dominate da emozioni che impediscono loro una chiara visione della situazione, un'azione decisa o di accettare le conseguenze delle loro azioni. Infatti molti clienti si preoccupano di conoscere esiti di azioni importanti, risposte alle loro turbe interiori e spessissimo integrano la previsione pià grigia con la domanda “Cosa devo fare?”.
Questo è, a mio modo di vedere, l'atteggiamento opposto al risolvere i propri problemi e un demandare una responsabilità al “mago” che se avesse un po' di etica professionale non accetterebbe.
Il compito della divinazione resta equiparabile a quello di una ricerca su internet: non basta cercare come fare una torta, bisogna prendere le uova e farla. Poi possiamo benissimo alterare la ricetta, con le migliori o peggiori intenzioni, ma la torta riuscirà buona solo se avremo anche conoscenze concrete di cucina. Altrimenti l'uso dell'acquafaba (l'acqua di cottura dei ceci) non basterà a salvare una torta vegetariana, non più di quanto un atteggiamento sicuro di se basterà a salvare un colloquio.
 
Top
view post Posted on 18/11/2019, 23:40
Avatar

Advanced Member AbbracciaGatti

Group:
Administrator
Posts:
3,688

Status:


Riflessioni filosofiche che hanno fatto pensare (e impazzire) l’umanità da svariati millenni. E che ancora non hanno trovato una soluzione…
Un passatempo (il pensare alle “cose grandi”) che personalmente mi attira sempre meno poiché, da pragmatica quale sono, vorrei la soluzione a tutto, qui e adesso, specie con l’avanzare dell’età! :woot:
Anche io comunque nel corso dei secol…. ehm….degli anni mi sono posta la domanda di cosa sia il Divino, passando dalla credenza cristiana con cui siamo cresciuti in Occidente dell’esistenza di un dio unico e maschio, alla scoperta di quanto proposto dai filosofi, sia antichi sia moderni: il dio di Spinoza, o la teoria dell’Orologiaio, o quella dell’Energia immanente, oppure quella di Coscienza collettiva e così via. Poi -siccome tutto è relativo- ho pensato che le nostre credenze seguono un’evoluzione esattamente come la stessa Natura si evolve a successive maturazioni: quindi da una concezione infantile del Divino a una ideazione più matura. Dio non è, come si pensa in una concezione puerile, antropomorfo, dio non ha sesso, dio non è un soggetto unico, ecc. Ora mi pare che anche l’idea che il Divino sia una Energia superiore sia obsoleta, benchè fosse già un’evoluzione rispetto all’idea del dio barbuto delle tre religioni rivelate. Non sono ancora riuscita a decidere a cosa credere, e non so se sia perché sono giunta al più alto livello di evoluzione intellettuale o perché viceversa sono ancora molto, ma molto confusa :haaha:

Penso che prima di decidere a cosa credere (arrivando a sostenere: ohhhh, finalmente ho capito chi e cosa sia il Divino, adesso la mia ricerca è finitaaaa, ho sciolto una controversia millenaria! :lol: :D ), sia già un lodevole traguardo il “conosci te stesso”, che non significa meramente “conosciti!” –poiché sarebbe oltremodo egotistico!- bensì conosci il posto che tu hai in rapporto a ciò che ti circonda, sii consapevole del posto che occupi nel mondo. Già questa consapevolezza è un segno di grande maturità perché contempla la percezione dell’Altro oltre a sé, e ciò ci avvicina un pochino alla comprensione di cosa possa essere il Divino.
Mi piace la tua definizione di “forza conservativa”.
Riguardo alla divinazione, è bene separare la divinazione (che è mediata dal Divino) dalla predizione che non è demandata a dei e dee ma che si basa su svariati fattori: il destino, i segnali, ecc. Penso che molti fatichino a capire questa differenza. C’è chi legge i tarocchi convinto che si debba interpretare come la divinità abbia predisposto la disposizione delle lame. Oppure c’è chi pensa che certi segni (uccelli in volo, oggetti ritrovati in posto improbabili, ecc.) siano messaggi divini, e chi invece pensa che siano fattori della sincronicità.
“In generale la traducibilità dell'ordine cosmico influenza non tanto la validità della divinazione ma quella della sua interpretazione” questa affermazione può valere sia per la divinazione che per la predizione se il Divino e l’ordine cosmico sono la stessa cosa.
Continua dunque a essere difficile dare delle risposte! Delego a te le speculazioni perché in filosofia sei indubbiamente più preparato di me, e certamente più sensibile a una comprensione profonda.
Ti invito infine a leggere il post che ho scritto per presentare un libro che ho trovato molto interessante: Biblioteca: Incontri con menti straordinarie - di Piergiorgio Odifreddi
Ciao Lupo :kss:

Edited by Deomira ErbaLuna - 19/11/2019, 01:58
 
Top
1 replies since 16/11/2019, 17:07   85 views
  Share